Chi porterà via le barre radioattive da Fukushima?

di Shimatsu da Yoichi Global Research  4th Media Beijing  30 Maggio 2011
La disattivazione della centrale nucleare 1 di Fukushima  è ritardata da un unico problema: dove smaltire le barre di combustibile di uranio? Molte di quelle barre sono estremamente radioattive e parzialmente fuse, e alcune contengono plutonio altamente letale.
Oltre al combustibile fissile all'interno dei sei reattori dell'impianto, più di 7 tonnellate di barre di combustibile esausto devono essere rimosse per essere trasferite verso un sito di stoccaggio permanente, prima che i lavoratori possano seppellire l'impianto Fukushima sotto il calcestruzzo. Le barre non possono essere depositate in modo permanente in Giappone perché  i  nuovi centri di stoccaggio di rifiuti del paese, sulla punta nord-est di Honshu, sono costruite su terreni non adatti. Le basi della struttura di riciclaggio di Rokkasho e l'unità di stoccaggio di Mutsu sono incrinate perchè affondano in maniera irregolare nel terreno paludoso.
Il seppellimento delle barre all'interno del reattore 1 di Fukushima comporta dei rischi enormi perché il basamento della discarica non può sostenere il peso delle barre di combustibile, oltre ai reattori e all'acqua di raffreddamento, all'interno delle previste mura di contenimento in cemento. Il combustibile esausto meno reattivo dovrebbe essere tenuto a secco all'interno di barili raffreddati ad aria. I forti terremoti che spesso colpiscono la regione di Tohoku finiranno per minare le fondamenta, causando il versamento inarrestabile di reflui radioattivi nell'Oceano Pacifico. Le barre devono quindi andare in un altro paese.
La cattiva fede dell'America
In base al trattato di non proliferazione (NPT), firmato dal Giappone nel 1970, i negoziatori di Washington hanno stabilito che il combustibile nucleare utilizzato dai reattori giapponesi deve, per legge, essere spedito negli Stati Uniti per lo stoccaggio o il ritrattamento, per prevenire lo sviluppo di una bomba atomica. Washington non è stata in grado di rispettare i suoi obblighi verso Tokyo previsti dal trattato, a causa della protesta pubblica contro la proposta dell'impianto di stoccaggio di Yucca Mountain vicino a Las Vegas.
Una commissione convocata dall'amministrazione Obama ha appena raccomandato la costituzione di una rete di siti di stoccaggio negli Stati Uniti, una polemica che certamente risveglierà i sentimenti contro il nucleare, durante la prossima campagna elettorale. L'industria nucleare americana ha le sue proprie riserve di oltre 60.000 tonnellate di combustibile nucleare esausto - senza contare i rifiuti provenienti da reattori utilizzati per fini militari e di ricerca -  cosa che non lascia spazio alle barre di Fukushima all'interno del sito di smaltimento del Nevada, se venisse mai aperto.
Per l'Asia continentale
La Tokyo Electric Power Company (TEPCO) ha versato 1 trilione di yen (12 miliardi  di dollari) in fondi per lo smaltimento dei rifiuti nucleari. Areva, il monopolio nucleare francese, ha collaborato con la TEPCO per trovare un sito di stoccaggio d'oltremare. Finora, la squadra TEPCO-Areva ha tranquillamente contattato tre paesi asiatici - il Kazakistan, la Cina e la Mongolia - per istituire un centro di "riciclaggio", un eufemismo per  discarica nucleare.
Tra i tre, la Cina era la scelta pimaria per l' establishment nucleare giapponese, che ha fiducia nella capacità di Pechino di salvaguardare i segreti nucleari dai suoi cittadini e anche dai massimi dirigenti. L'agenzia spaziale giapponese, che mantiene l'osservazione satellitare 24 ore su 24 su tutti gli impianti connessi al nucleare in Cina, possiede la registrazione  completa delle perdite di radiazioni in loco. Dal momento che Pechino rifiuta di rivelare questo tipo di dati al pubblico, la parte giapponese ha ritenuto di dare il necessario supporto nei colloqui con i funzionari cinesi del settore nucleare.
Anche se i burocrati del settore nucleare inizialmente erano desiderosi di ricevere mucchi di yen, la proposta è stata spazzata via dalla smania di sale  che ha travolto la Cina. Nel giro di un paio di settimane dai crolli di Fukushima, milioni di acquirenti hanno svuotato gli scaffali dei supermercati in base alle voci secondo cui il sale iodato poteva prevenire  il cancro alla tiroide causato dalle radiazioni.  Il pubblico cinese è giustamente spaventato dagli scandali relativi alla salute, dopo la scoperta di melamina nel latte, ormoni della crescita nella carne di maiale, pesticidi nelle verdure, antibiotici nei pesci ed ora  il fallout radioattivo sui terreni agricoli.
Un accordo per lo smaltimento nucleare richiederebbe che camion colmi di carichi radioattivi fossero trasportati attraverso un porto ad alta densità di popolazione, forse Tianjin o Ningbo, nel cuore della notte. Non c'è modo che la gente del posto non si accorga delle spedizioni segrete con gli smart phones, provocando un esodo di massa da ogni città e villaggio lungo il percorso, verso le discariche dell'estremo occidente della Cina. Così, la vivacità del normale cittadino cinese ha messo fuori uso il più semplice dei piani nefasti.
Principio di recupero industriale
Una scelta più logica per la conservazione all'estero si trova in paesi scarsamente popolati che forniscono li minerale di uranio al Giappone, in particolare l'Australia e il Canada. Come esportatori di uranio, Canberra e Ottawa sono i principali responsabili per lo stoccaggio dei rifiuti nucleari in virtù del principio giuridico di recupero industriale.
La pratica di recupero industriale è già ben consolidata nel settore dell'elettronica di consumo e degli elettrodomestici dove ai produttori viene richiesto, da un numero crescente di paesi, di ritirare e riciclare televisori, computers e frigoriferi.
In virtù del principio, giganti minerari dell'uranio come Rio Tinto e CAMECO, sarebbero tenuti a prendere  indietro l'uranio impoverito. Il costo di stoccaggio dei rifiuti sarebbe poi calcolato nel prezzo all'esportazione del minerale di uranio. Il costo aggiunto viene trasferito alle società di servizi e in ultima analisi, al consumatore, attraverso una tariffa più elevata per l'energia elettrica. Se il mercato si rifiuta di sostenere il prezzo dell'uranio  più alto rispetto ad altri combustibili,  allora l'energia nucleare  farà la fine del motore a vapore.
i politici australiani e canadesi sono obbligati ad opporsi, opportunisticamente, al ritorno dell'uranio impoverito, in quanto tutte le spedizioni da Fukushima incontrerebbero massicce proteste di manifestanti "non-in-my-backyard". L'unico modo, per Tokyo, per convincere i politici locali ad andare avanti tranquillamente, è minacciare di pubblicare un elenco on-line dei tangentisti in parlamento che in precedenza avevano sostenuto l'estrazione dell'uranio per conto degli interessi giapponesi.
Costo-Efficienza del nucleare
Sorge allora la domanda se l'energia nucleare, quando sono inclusi i costi di stoccaggio a lungo termine, è competitivo con gli investimenti nelle energie rinnovabili, quali le risorse eolica, solare, idroelettrica e delle maree. L'energia rinnovabile probabilmente è in vantaggio perché non produce rifiuti. Il gas naturale rimane il battitore indiscusso del prezzo ovunque sia disponibile in abbondanza. In un libero mercato senza sovvenzioni occulte, il nucleare è probabilmente destinato a fallire.
Con una mancanza di professionalità, l'International Atomic Energy Commission (Aiea) non ha mai affrontato seriamente lo smaltimento dei rifiuti nucleari come un problema a livello industriale. Basandosi sulla quantità di barre di combustibile nucleare esausto all'interno delle strutture nucleari degli Stati Uniti, ci sono quasi 200.000 tonnellate di scorie nucleari in 453 impianti civili di energia nucleare in tutto il mondo. Eppure non un solo sito di stoccaggio permanente è mai stato aperto da nessuna parte.
Il dilemma Fukushima 1 mostra che le questioni circa il rapporto costo-efficacia e la fattibilità tecnologica non possono più essere rinviate o ignorate. Le agenzie di rating riportano che il debito della Tepco è cresciuto fino ad oltre 90 miliardi di dollari, il che significa che essa non può coprire i costi futuri di stoccaggio delle barre di combustibile esausto  dai suoi due impianti nucleari di Kashiwazaki e Fukushima. il debito del governo giapponese è salito al 200 per cento del PIL. Nessuno dei due può permettersi il costo crescente dell'energia nucleare.
L'incapacità di TEPCO o del governo a pagare per lo smaltimento dei rifiuti nucleari pone la responsabilità finanziaria interamente sulle sue aziende partner e sui fornitori, tra cui GE, Toshiba, Hitachi, Kajima Edilizia e soprattutto dei fornitori di uranio, CAMECO e Rio Tinto, e dei governi di Canada e Australia. Una regola fondamentale del capitalismo e del diritto civile è che qualcuno deve pagare.
Ultima fermata
Dal momento che l'Australia e il Canada non hanno alcun fretta di ritirare gli avanzi radioattivi, lasciano il Giappone e  gli  Stati Uniti, partner nel trattato, con una sola opzione per un rapido smaltimento - la Mongolia.
Ulan Bator accetta miniere a cielo aperto di carbone e rame, che non sono altro che giganteschi siti tossici, quindi perché non prendere anche le barre nucleari fuse?  Il suo PIL, classificato tra le 136 economie del mondo, è stimato a 5,8 miliardi di dollari nel 2010. Così, 12 miliardi di dollari sono una cifra inimmaginabile per un buco di più nel terreno.
Non che la Mongolia otterrebbe la totalità del budget, dal momento che il carico nucleare dovrebbe passare attraverso l'estremo oriente russo. A differenza dei salutisti cinesi, la popolazione di Nakhodka o Vladivostok è abituata a giocare a tira-e-molla con materiali radioattivi e vodka.
Anche se la mafia che gestisce l'industria russa dei trasporti chiedesse una fetta  sproporzionata, i 3 milioni di abitanti della Mongolia sarebbero felicissimi di guadagnare circa 2.000 dollari ciascuno, più che il reddito medio annuo, se il denaro venisse diviso  equamente, tolti i costi di costruzione della discarica.
Realisticamente,  è improbabile che il popolo mongolo riceverà un centesimo, dal momento che i soldi andranno in un fondo fiduciario per i costi di manutenzione. Questo perché 12 miliardi di dollari, divisi per il periodo di emivita dell'uranio - 700 milioni di anni - equivalgono a 17 dollari di affitto annuo. Che non copre nemmeno il costo delle crocchette per il cane da guardia di turno, tanto meno per il sistema di raffreddamento. Non che qualcuno potrà calcolarlo, dal momento che fin quando l'uranio decadrà fino ad un livello di sicurezza, i fossili saranno l'unica traccia della vita umana sulla Terra.
L'avidità illusoria e miope trionferà sicuramente in Mongolia, e questo solleva una questione di responsabilità morale per il resto di noi. La comunità mondiale sentirà rimorso per lo scarico dei suoi rifiuti nucleari su una cultura antica che ha inventato il montone bollito, il latte di cavalla fermentato e Gengis Khan? Per i sensi di colpa dei diplomatici di Tokyo e Washington che risolveranno con le lusinghe l'affare sporco a Ulan Bator, ecco l'obiezione: l'eroe nazionale, il Gran Khan, ha mai versato una lacrima o sentito i morsi della colpa? Non c'è bisogno di introspezione. Una soluzione è a portata di mano.
Yoichi Shimatsu, ex direttore del Japan Times Weekly, è uno scrittore sull'ambiente con sede ad Hong Kong e anche Editore presso 4th Media, in Cina.

Fonte:
Global Research 31 Maggio 2011
Traduzione: Dakota Jones